Ho studiato giurisprudenza perché credevo nella giustizia come strumento di democrazia con cui realizzare  una condizione di uguaglianza per tutti. Credevo che, in termini pratici, il diritto potesse dare la possibilità di attuare, attraverso il dialogo e gli strumenti di negoziazione e mediazione, una giustizia basata sulla reciprocità dei diritti e sugli interessi condivisi. Volevo essere parte di un processo finalizzato a migliorare le condizioni di coloro che ogni giorno vedevo lasciati in disparte, separati ed in conflitto tra loro e credevo che, un sistema di giustizia equo, libero e aperto, fosse una condizione necessaria per la realizzazione di una società democratica. Era chiaramente un atteggiamento idealistico e inevitabilmente ingenuo ma, nonostante la mia esperienza, mi sentirei anche oggi di riaffermare più vigorosamente questi principi.

Nel corso degli anni però, non riuscivo a trovare nella pratica del diritto un modo di sfuggire, nella realtà, alla costrizione dei suoi compromessi, delle mezze verità, della sua parzialità e della corruzione dei suoi grandi ideali. Non riuscivo a trovare la  mia strada attraverso le quotidiane mediazioni forzate, fatte di un’etica distorta fatta di verità provvisorie. Non riuscivo a superare la realtà mondana nella sua quotidianità, dove anche le piccole vittorie per la verità mi sembravano sconfitte, di fronte ad una società che, invece, risponde pronta a chi cercava di usare la legge per servire i propri interessi, mentre si dimostrava sorda alle necessità dei deboli. E’ stato il mio fallimento. Per gli standard dello status quo di un avvocato ero efficace  e preparata, oserei dire persino un buon avvocato nel mio campo ma, è stato un lavoro che nel tempo ha avuto un effetto corrosivo del mio senso del bene. Quindi, ho deciso di fare un passo deciso che mi ha cambiato la vita, ho lasciato la legge e ho fondato un gruppo di produzione artistica incentrato sullo sviluppo di progetti sociali e sul lavoro con le comunità di Napoli: il più noto di questi è stato il progetto durato quasi un decennio con l’artista Craigie Horsfield, la cui teorizzazione è stata ampiamente pubblicata ed il cui lavoro è stato esposto in tutta Europa. Sono stata poi curatorial fellow al Whitney Independent Study Program e successivamente ricercatore ospite al MacBa di Barcellona. Continuo a lavorare con artisti, curatori e teorici impegnati in Italia, Spagna e Stati Uniti, come curatore e produttore indipendente, scrivo per cataloghi e riviste d’arte. La pubblicazione del mio primo libro è prevista per la fine del 2020: tratterà delle origini e dell’evoluzione dei progetti sociali nell’arte contemporanea.

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