La vita ispiratrice di una donna democratica e rivoluzionaria: Eleonora Pimentel De Fonseca

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Eleonora Pimentel De Fonseca

*Testo tradotto dalla versione inglese

“ Forsan et haec olim meminisse juvabit”, (forse un giorno sarà utile ricordare tutto questo), queste sono le ultime parole pronunciate da Eleonora Pimentel De Fonseca sul patibolo, prima della sua esecuzione dopo la caduta della Repubblica di Napoli nel 1799.

Sin dal primo momento che ho iniziato a immaginare questo blog, ho pensato di inaugurarlo scrivendo di Eleonora, una donna coraggiosa della mia terra che sfidò con il suo intelletto e la sua indomita determinazione le convenzioni dell’epoca, diventando una delle personalità centrali della rivoluzione che portò alla nascita della Repubblica Napoletana nel 1799.

Diverse sono le ragioni per cui la storia di Eleonora è assolutamente affascinante e assolutamente attuale: per le sue convinzioni, che trovano risonanza oggi, per la sua passione, per le sue intuizioni ed anche per le ragioni della sua fine tragica.

Ha vissuto in un’epoca difficile e drammatico. Come donna, ha affrontato le convenzioni ed è riuscita a uscire da una dura storia di violenza domestica da parte di un marito violento (divorziando in un’epoca in cui le donne non erano certo libere di prendere queste decisioni) ma è stata anche, una donna che ha fatto e immaginato una rivoluzione attraverso un’idea di vita intellettuale che voleva essere aperta e condivisa.

Stiamo, infatti, vivendo il tempo doloroso della pandemia che chiede a gran voce rivoluzioni ma, allo stesso tempo, stiamo assistendo ad un approccio flebile, in balia delle interpretazioni degli scienziati, rivelatesi inaffidabili nelle loro certezze, così come sono si sono rivelati inaffidabili i loro padroni politici, che sembrano in preda al panico ed improvvisati davanti alla catastrofe. Non vediamo le dinamiche sociali che ci auspicavamo capaci di immaginare nuovi mondi.  Soprattutto le donne sono sempre più messe all’ angolo, socialmente ed economicamente in difficoltà, in quanto  meno occupate e meno pagate e chiamate a ritornare a svolgere le funzioni di  “angelo del focolare”  perché le uniche (quasi) su cui è ricaduta la cura dei figli, a seguito delle chiusure delle scuole. Davanti al mondo che chiede cambiamenti e che cerca diverse prospettive nell’economia, nella politica o nell’ecologia, ciò che appare palesemente urgente è un bisogno diffuso di conoscenza, una conoscenza condivisa sulla base democratica.

Eleonora Pimentel ha vissuto e studiato a Napoli, in un’epoca in cui la città era la capitale del Regno di Napoli e una delle capitali culturali d’Europa. Intratteneva una corrispondenza con Voltaire e Metastasio che ammiravano entrambi il suo intelletto. Napoli aveva un circolo intellettuale vivace ed internazionale, di cui Eleonora divenne rapidamente protagonista. Il suo, mondo era in fermento con idee di libertà, uguaglianza e libertà dall’oppressione. 

Un drammatico cambiamento di passo, però, avvenne con la fine sanguinosa della Rivoluzione Francese e l’istituzione del “Direttorio”:  re Ferdinando IV e sua moglie Carolina, sorella di Maria Antonietta, visto l’epilogo francese, divennero sospettosi sia dell’illuminismo che degli intellettuali, e scelsero di avviare una politica di dura repressione dei circoli intellettuali napoletani. 

Tralasciando le dinamiche politiche internazionali, così come le battaglie che si susseguirono nel corso della rivoluzione, credo che questa,  insieme all’ideale su cui era fondata, siano ancora oggi rilevanti e capaci di aiutare a comprendere i significati alla base della democrazia. 

Eleonora Pimentel De Fonseca al patibolo

Se l’effetto politico immediato fu quello di spodestare la monarchia e di instituire la Repubblica di Napoli, allo stesso tempo si considerò come centrale l’educazione, strumento basilare al fine di realizzare una vera democrazia ed una coscienza di classe che in seguito verrà denominata proletariato. Una repubblica pensata e costituita per tutti i suoi cittadini

L’opera di Eleonora fu cardinale a questo obiettivo:  fu la direttrice di un notiziario denominato “Monitore Napoletano”, scritto in dialetto napoletano per diffonderlo tra tutte le classi sociali e per raggiungere anche le persone che sapevano parlare solo il dialetto. 

Fu una rivoluzione mossa da una “élite” intellettuale, ma totalmente incentrata sull’idea che il nucleo di ogni democrazia fosse l’educazione di tutti i suoi cittadini: infatti, nell’atto costitutivo della Repubblica, che anche in un’epoca rivoluzionaria può essere vista come straordinariamente illuminata, la cultura era centrale ed i repubblicani immaginarono persino una sorta di corte costituzionale (la prima mai realizzata) che dovesse sovrintendere la vita repubblicana e, far sì che lo scopo della condivisione democratica fosse sempre perseguito. (Immagino che in questo momento le ragioni della mia passione per la causa repubblicana siano diventate piuttosto evidenti)

La Repubblica visse solo cinque mesi (dal 23 gennaio al 13 giugno 1799), fu rovesciata dalla monarchia spagnola con il sostegno proprio delle classi più popolare,  per le quali la Repubblica aveva combattuto ed era nata. Dopo un armistizio in cui si decise che i ribelli non sarebbero stati puniti, il re rinnegò la sua promessa e ordinò l’esecuzione di tutti: intellettuali ed attivisti di ogni età, tutti coloro che si erano battuti per la Repubblica furono sterminati. Anche lo zar di Russia, che aveva aiutato il re Ferdinando (suo cugino) a spodestare la Repubblica, chiese invano che il re mostrasse clemenza, credendo che, l’uccisione di una tale fulgida classe di intellettuali, avrebbe impoverito l’Europa intera. 

Questa storia drammatica lasciò Napoli più povera e debole, l’assassinio di diverse generazioni di intellettuali e la cancellazione della vita intellettuale della città e del suo sogno di emancipazione e di senso condiviso, fu una catastrofe che risuonò lungo il secolo ed oltre. La città non si riprese e, meno di 100 anni dopo,  questo depauperamento sociale la rese facile preda della spoliazione della sua economia e della sua cultura ,durante il processo di unificazione dell’Italia. 

Eleonora fu una guerriera della cultura, credeva nel suo potere emancipatore ma era bloccata dal tempo, dalla politica e dalle strategie economiche di un monarca che sfruttava la disperazione dei più poveri per assecondare i suoi obiettivi. Non ci fu tempo a sufficienza per realizzare quel processo di consapevolezza sociale per il quale aveva lottato. E’ senza retorica, possiamo affermare che le conseguenze di questo insuccesso, si possono riscontrare ancora oggi, dopo più di 200 anni, in città, nella regione e oltre.

Credo che la tragica parabola della Repubblica di Napoli e la vita ispiratrice di Eleonora Pimentel De Fonseca possano essere una lezione molto chiara per il nostro tempo, in cui le donne sono ancora lasciate fuori dalla stanza dei bottoni. È una lezione per gli intellettuali che molto spesso cadono nella trappola dell’elitarismo e della separazione, ed è una lezione per tutti noi che immaginiamo che la rivoluzione venga dagli altri o dalle armi, quando invece il primo passo è quello della condivisione e della consapevolezza della nostra condizione e del nostro potenziale sociale e politico. 

(Come postfazione, ho già scritto una volta della Repubblica di Napoli e sono stata attaccata dai monarchici (!), derisa come nostalgica o come partigiana di un regionalismo divisorio che continua ad essere una condizione viziata dell’Italia di oggi. Io non sono nessuna di queste cose). 

Per me la Repubblica di Napoli è il presente, si informa al passato, ma è un passato attraverso il nostro presente, è una forma mentis di senso condiviso, è il luogo del Comune e del riconoscimento del valore delle relazioni).

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